venerdì 27 settembre 2019

Un bambino che legge...#2 [2019]

Cari Sognalettori,
penso a questa rubrica da moltissimo tempo e finalmente mi sono decisa! 
Voglio dedicare un appuntamento settimanale (spero di riuscire a farcela!) dedicata ai piccoli lettori perchè lo sappiamo bene "Un bambino che legge sarà un adulto che pensa" e abbiamo tutti un bisogno assoluto di adulti pensanti!
L'altra motivazione è la mia nipotina, una fan sfegatata di libri e di storie fantastiche che tutte le sere prima di andare a dormire si fa leggere non uno, non due ma ben 5 libri e se sbagli qualche parola ti corregge pure. A lei e a tutti i giovani lettori dedico questa rubrica! 
Mi raccomando fate leggere i bambini sempre *-*
Cosa vi mostrerò in questa rubrica!?! Anteprime, segnalazioni, filastrocche: qualsiasi cosa mi passi per la testa che riguarda i bambini e i libri ^-^
in particolar modo oggi vi mostrerò alcune storie dedicate all'autunno 🍃🍂🍁🍄

La leggenda dell'uva

Moltissimi anni fa la vite non produceva grappoli d’uva. Era una pianta ornamentale, come tante altre. Al centro di un piccolo orto cresceva una bella vite, di rami e di foglie. Questa magnifica pianta riceveva in abbondanza la luce del sole e ne traeva un grande beneficio. I rami della vite si allungavano sempre di più sopra i seminati dell’orticello e li coprivano con la loro ombra. L’ ortolano si preoccupava: "Anche le piantine hanno bisogno di sole" diceva tra sé "è necessario che io poti la vite". In un giorno grigio e nuvoloso, l’ortolano tagliò con energia i rami più lunghi della bella pianta ornamentale e tolse le foglie più grandi dagli altri rami. La vite pianse e ne soffrì. Quando scese la sera, un usignolo si posò delicatamente sopra un ramo della vite e cominciò a cantare per confortarla. Il canto era così dolce, che la pianta provò una sensazione di benessere. Le sue lacrime si impregnarono di dolcezza e rimasero lì, sui rami, come piccole perle. La notte lentamente si dileguò. All’apparire del giorno, il sole avvolse la vita con i suoi rami tenui e tiepidi. Allora, come per incanto, la pianta sentì scorrere in sé una linfa nuova. Le sue lacrime, belle come perle, cominciarono a trasformarsi in piccoli frutti: i primi chicchi d’uva. Un venticello scherzoso passò rapidamente tra i rami della vite e riunì i chicchi d’uva in grappoli, più o meno grandi. Il sole a poco a poco li maturò.

Le tre castagne

In un riccio spinoso stavano rinchiuse tre castagne: tre sorelle gemelle. Cresci e cresci, spingi e spingi, un bel giorno pac! il riccio si aprì. Le castagne, una dopo l'altra, caddero. Le due sorelle cresciute a destra e a sinistra del riccio erano belle, con la schiena ricurva, lucida e una piumetta sulla cima. Invece, l.a sorellina cresciuta in mezzo era rimasta una castagnetta da mente. La donna che faceva la raccolta non la volle. Prese le due sorelline belle e la lasciò nel bosco sola e triste. Le due sorelline belle andarono per il mondo. Una fu cotta nella padella e diventò dorata e profumata. La prese un bambino goloso; spalancò la bocca e ahm! la prima castagna non ci fu più. La seconda finì nella cesta di un pasticciere. Il pasticciere la sbucciò, la fece cuocere nello zucchero, la mise ad asciugare. Era diventata dolcissima e scintillante. La comprò una bambina con una boccuccia che pareva una rosa: la fece a pezzettini piccini piccini. Poi i pezzettini piccini sparirono, a uno a uno, in quella boccuccia di rosa: e la seconda castagna non ci fu più. La terza castagna, poverina, così sola nel bosco, si lamentava coi grilli e con le talpe: Le mie sorelline hanno girato il mondo e io resto sola, nel bosco, col freddo dell'inverno, e sotto la neve a marcire. Ma non marcì. A poco a poco sentì qualche cosa di vivo che germogliava dentro il suo corpicino. Una radichetta bianca e forte cominciò a spingersi all'ingiù, a ficcarsi nella terra. Una pianticina tenera e verde cominciò a spuntare all'insù, cercando la luce del sole. Ora, la più piccina, la più modesta delle tre sorelle gemelle è diventata uno splendido castagno, pieno di ricci, di scoiattoli e di nidi.

La leggenda della nebbia

Un giorno d'autunno, presso un laghetto sperduto fra i monti, le fate dell'acqua trovarono un bambinetto biondo, bellissimo. Chi era? Chi l'aveva portato fin lassù? Le fatine non lo sapevano. Le verdi rive del lago erano deserte e silenziose. Si udiva soltanto il frusciare del vento. Le piccole fate avvolsero il piccino in caldi panni e lo chiamarono Oliviero. Le stagioni passavano una dopo l'altra e nessuno mai saliva al piccolo lago dimenticato. Le fatine erano felici: il piccolo Oliviero, che esse amavano più di ogni cosa al mondo, era tutto per loro. Ma cose strane succedevano a loro insaputa quando esse riposavano nelle incantate profondità del lago. Un pettirosso volava ogni sera presso il bambino addormentato sulla riva e lo svegliava becchettandogli affettuosamente una guancia. Poi gli raccontava di un paese bello e lontano dove la sua mamma lo invocava ogni giorno. Oliviero ascoltava, attento. Pensava che un giorno avrebbe abbandonato il malinconico laghetto. Sarebbe andato lontano... avrebbe visto com'è una mamma. Un mattino di novembre le fatine si levarono da loro letto d'acqua e mossero verso la riva. Chiamarono a lungo Oliviero: il bambino non c'era più. Le fate si levarono a volo, affannate, e videro Oliviero scendere a valle preceduto da un pettirosso Allora compresero. Lo raggiunsero a volo e gli si affollarono attorno, allargando con le mani le loro vesti di velo grigio, perché il bambino non riuscisse più a scorgere il pettirosso che gli faceva da guida, né il sentiero, né la valle lontana. Come per miracolo, dalle dita delle fate i veli cominciarono ad allungarsi, diffondendosi ovunque. Avvolsero Oliviero con una impalpabile nube, cancellarono monti e campagne, soffocarono la luce del giorno. Ma il fanciullo non si scoraggiò. Scostava con le mani i veli grigi che gli battevano sul viso. Da allora, ogni anno, la nebbia stende i suoi umidi veli: sono le vesti bagnate di lacrime delle pallide fate del lago.

La foglia Camilla

Il vento freddo del nord si sveglia dal suo lungo sonno.Il vecchio pioppo lo sente subito e si affanna ad avvisare tutte le foglioline di tenersi ben strette al ramo per non cadere. Ma la foglia Camilla si lascia andare e viene portata via dal vento. In cielo, spinta dal forte vento, corre, vola, danza con ampi giri…e comincia ad ingiallire.Il vento si stanca e si ferma. Camilla, allora, scendendo piano piano, va a cadere nel prato, poco lontano dal vecchio pioppo.Camilla è stanca, comincia anche a diventare un po’ secca. Si sente improvvisamente triste e sola: Sorelle foglioline come vorrei tornare a scherzare con voi! Non ti preoccupare, bambina mia, e non essere triste e sola! La consola una voce dolce e sicura. E Camilla riconosce con gioia la voce di mamma pianta: - Le tue sorelle sono tutte lì, intorno a te. Camilla apre gli occhi e scopre che il grande prato su cui è finita, è tutto ricoperto di macchie brune, gialle e rosse delle sue sorelle.

L'albero che non conosceva l'autunno

C’era una volta un albero molto giovane. Era nato in una serra, poi era stato trapiantato in un boschetto: qui, per tutta la primavera e l’estate si era trovato benissimo. Ma un mattino accadde una cosa strana: le rondini partirono. -Perché se ne vanno?- chiese l’albero. -Non sopportano il freddo- spiegò lo scoiattolo. -Sai com'è sta arrivando l’autunno con le piogge ed il vento, poi giungerà l’inverno e ci sarà gelo dappertutto.- -Ma come faremo noi che non sappiamo volare?- chiese l’albero. -Oh io me ne starò al calduccio nella mia casetta e tu andrai in letargo- -Che cosa vuol dire?- -Penso sia come dormire- rispose lo scoiattolo e poi se ne andò. L’albero rimase pensieroso: da quando era nato non era mai andato in letargo. “Chiederò spiegazioni” Pensò tra se “I gatti devono sicuramente saperne qualcosa: non fanno altro che dormire tutto il giorno!” Passava di lì un gatto selvatico e l’albero ne approfittò subito. -Ehi tu, quando dormi vai per caso in letargo? Come fai?- -Facile- rispose il gatto. -Giro tre volte su me stesso, mi acciambello e chiudo gli occhi- “Semplice e rapido” pensò l’alberello. Tentò quindi di girarsi, di acciambellarsi e di chiudere gli occhi…ma non ci riuscì. “Forse esiste un altro sistema, lo chiederò al ghiro” pensò. -Beh- disse il ghiro tra uno sbadiglio e l’altro -prima devi mangiare tantissimo e diventare grasso, poi ne riparleremo. L’albero cercò di mangiare il più possibile ma, per qualche misterioso motivo, non ingrassava nemmeno di un etto. “Forse la faccenda del grasso non è molto importante” pensò allora e svegliò il ghiro per chiedergli qualche precisazione. -Allora che cosa devo fare per andare in letargo?- -Devi respirare non più di otto volte al minuto- gli rispose pazientemente il ghiro. -Quando diventerai freddo il tuo cuore dovrà battere molto lentamente…- Probabilmente questo era un ottimo sistema per il ghiro, ma il povero albero non riusciva a fare cose così difficili. Intanto le giornate si erano fatte più fredde, la pioggia cadeva, il vento soffiava e la nebbia avvolgeva i rami dell’alberello. “Morirò certamente di freddo” pensò l’albero e mentre cercava una soluzione al suo caso disperato, sentì che gli occhi gli si chiudevano. Senza pensarci chiuse istintivamente i piccoli tubi dentro i quali passava la ninfa, il suo sangue e nutrimento, e si addormentò. Le foglie caddero una ad una e l’alberello non se ne accorse neppure.
Buona Lettura!
N.

1 commento:

  1. Ciao, anche io ho una sezione dedicata ai più piccoli. la mia bimba di 5 anni, ama i libri e ne leggiamo a tonnellate. Ne approfitto er dirti che questo blog è stato scelto per partecipare ad un BookTag , passa a scoprire di che tratta.
    Ti aspetto,un bacio
    Ale

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